Oggetti (non più antichi di 50-100 anni) ma che raccontano un mondo oramai lontanissimo nel tempo: quello della civiltà rurale. Sono attrezzi, utensili e suppellettili per la casa, il lavoro nei campi, la trasformazione dei prodotti della terra e il piccolo artigianato di sussistenza legati alla vita quotidiana. Segni materiali (testimoni di gesti perduti) che solo i più anziani di noi sanno decifrare e interpretare, così da ascoltarne la voce e meditarne le storie. Storie di cose, di fatti e soprattutto di uomini e donne. Storie, queste sì, antiche di secoli e secoli, comuni ad ogni civiltà da quando (oltre 12000 anni fa) gli umani hanno scelto di vivere aggregati trasformandosi da pastori-raccoglitori nomadi in allevatori-agricoltori stanziali.

La proposta della prof.ssa Letizia Scaringi Martines nel 2003, trovava promotori concordi nel 2005 che deliberavano la nascita dell'Associazione “Casa Museo Laboratorio della Civiltà Rurale” titolare del Museo: Comune di Castel Morrone, Pro Loco, Istituto Comprensivo (allora autonomo), Legambiemnte, Lipu, Ass. Phoenix, Ass. Terzo Millennio, Ass. “il Castello” e Ass. “Coccinella”. L'obiettivo è il recupero e la valorizzazione a fini didattici delle testimonianze della civiltà rurale dei monti Tifatini e della Campania; anche delle tradizioni immateriali, quale è il celebre “Solco”. Ad oggi la collezione conta oltre 500 pezzi, acquisiti grazie a donazioni private (tra tutte: G. Iulianiello e R. Leonetti).

Dalla originaria sede di casa Pannone, il museo (ottobre 2017) è in corso di trasloco e riallestimento nella nuova sede di palazzo ducale (edificio seicentesco ristrutturato ai primi del 1900), donato da M.G. Tranfo, vedova dell'ultimo duca L. Capecelatro, ai poveri di Castel Morrone e oggi di proprietà comunale.

Attualmente è chiuso (2021).

testo; Pietro Di Lorenzo; fotografie: Gianfranco Iulianiello