Culto micaelico e grotte da Caserta al Monte Maggiore e al Matese
Il culto dell’arcangelo Michele, probabilmente di importazione orientale, conobbe una grande diffusione da quando la nazione longobarda riconobbe in “Chi [è] come Dio?” (questo significa Michele) il suo patrono principale.
L’arcangelo è il cortigiano perfetto della corte celeste, è il capo della milizia divina, è colui che sconfigge Satana (cioè il male assoluto), è lo strumento del giudizio divino alla fine della vita (psicopompo, cioè colui che pesa le anime), è figura aerea (ha le ali) e terrestre (consacra la grotta omonima del celebre santuraio di Monte Sant’Angelo). Insomma, il candidato ideale per sostituire molte divinità pagane e i riti ad esse collegate.
In genere, nella Langobardia Minor (il territorio meridionale conquistato e governato per quasi mezzo millennio dai Longobardi) ed in particolare in Campania i santuari dedicati all’arcangelo sorgono sulle vette dei colli e dei monti (Casertavecchia, Sant’Angelo a Palombara sopra Suessola, San Michele sopra Maddaloni/Calatia, Sant’Angelo in Formis) e in grotta (Camigliano, Monte Melanico in Profeti di Liberi, Gioia Sannitica, Sant’Angelo d’Alife).